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Category: Generico

Una nuova Risonanza Magnetica Aperta Total Body a Casalotti

venerdì, 26 Luglio 2019 by Ermanno Lombardo

Il 2 settembre sarà installata presso lo Studio Radiologico Casalotti di Roma una nuova Risonanza Magnetica Hitachi di ultimissima generazione. 

Il nuovo tomografo usa una tecnologia Open che va incontro alle esigenze di tutti i pazienti e apporta innumerevoli benefici, in termini di comfort, a bariatrici, claustrofobici e pediatrici con la possibilità di avere accanto un familiare o genitore durante l’esame. Più in generale il sistema è indicato anche per chi semplicemente non se la sente di eseguire l’esame in un convenzionale “tubo chiuso”.

La nuova Risonanza Magnetica Aperta con angolo di 270° e magnete permanente, permette di eseguire esami di varie tipologie, tra cui studi osteoarticolari statici e dinamici (Ginocchio, bacino, Anca, Spalla, Colonna, piede, Mano ecc).

Non solo Articolazioni

La vera novità sta, però, nelle caratteristiche tecniche dei nuovi software: l’avanguardia della tecnologia e la qualità dell’imaging, per numero di pixel, rendono la risoluzione delle indagini diagnostiche particolarmente definita e nitida, oltre alla possibilità di effettuare una ampia tipologia di esami diagnostici. 

Questa possibilità garantisce la effettuazione di Esami che prima erano esclusivamente ad appannaggio delle apparecchiature chiuse, come gli esami dell’Encefalo (anche con contrasto), della colonna in Toto, del massiccio facciale, di parte dell’Addome e la Pelvi in particolare.

Tuttavia il campo magnetico per mantenere una struttura Aperta è leggermente ridotto rispetto alle apparecchiature chiuse, il che non permette di eseguire alcuni esami di approfondimento come la Prostata, l’Addome, alcune ricerche vascolari ed angiologiche ed esami ultra specifici o per la ricerca di patologie destramente indagine (per i quali resta indispensabile la macchina chiusa).

Questa apparecchiatura va a sostituire la precedente macchina, sempre aperta, dedicata esclusivamente alle articolazioni (esami per i quali siamo Leader a Roma grazie alle competenze tecniche e professionali di Tecnici e Medici), potenziando così il servizio di Risonanza Magnetica finora offerto e venendo incontro alle sempre più numerose richieste da arte dei pazienti di ottenere ottimi esami, ma con una macchina Aperta

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Il Tampone Faringeo nella diagnosi dello Streptococco beta Emolitico

giovedì, 24 Maggio 2018 by Ermanno Lombardo

Tampone faringeo

Da Albanesi.it

A che serve

Il tampone faringeo è un test diagnostico che ha lo scopo di individuare l’eventuale presenza di microorganismi nell’essudato e che il medico richiede generalmente, ma non soltanto, quando sospetta che una faringite (patologia comunemente più nota come “mal di gola”), una tonsillite o una faringo-tonsillite non siano di origine virale, bensì di origine batterica; quest’ultima evenienza è più rara (circa l’80% delle faringiti sono causate da un virus), ma non poi così infrequente.

Come si esegue un tampone faringeo

L’esecuzione del tampone faringeo è alquanto rapida e indolore ; l’esame viene effettuato inserendo nella gola del soggetto una sorta di cotton-fioc che viene strofinato sia sulle tonsille che sulla mucosa faringea.

In queste zone che solitamente si annidano i microrganismi responsabili della faringite o della tonsillite); l’operazione è semplice, ma è necessario evitare che il tampone faringeo venga a contatto con le altre mucose del cavo orale.

Peraltro, in alcuni soggetti, specialmente nei bambini più piccoli, l’introduzione del bastoncino può scatenare conati di vomito ed è opportuno eseguire l’esame a digiuno).

Una volta terminato il prelievo del campione di essudato, il tampone viene inviato al laboratorio analisi dove si procederà con l’esame colturale.

La procedura consente, dopo le opportune verifiche di laboratorio, di stabilire quale sia il microorganismo responsabile della patologia e conseguentemente scegliere la modalità terapeutica (non ha senso assumere antibiotici se il tampone rivela che la faringite o la tonsillite hanno origine virale anziché batterica).

Praticamente, le cellule raccolte con il tampone faringeo vengono fatte riprodurre in un apposito terreno di coltura fin quando non si ottiene una popolazione cellulare abbastanza ampia da permettere l’esecuzione degli esami.

Nei bambini si preferisce il test Rapido, con risposte in soli 15 minuti che identificano la presenza o meno dello Streptococco, in maniera da dare avvio alla gestione terapeutica

Nei giorni precedenti l’esecuzione dell’esame, di norma viene suggerito al soggetto di sospendere le terapie antibiotiche eventualmente in corso e di non utilizzare presidi farmaceutici a uso locale quali, per esempio, spray per la mucosa orale e collutori.

Il tampone faringeo e il successivo antibiogramma

Nel caso gli esami rivelino la presenza di un agente batterico, si procede con l’esecuzione di un antibiogramma, un test di sensibilità batterica agli antibiotici che ha essenzialmente due scopi:

  • scegliere la terapia antibiotica più adatta al caso trattato;
  • monitorare il livello di resistenza batterica.

L’antibiogramma viene eseguito su vitro mettendo a contatto le colonie batteriche con i farmaci antibiotici.

Indicazioni alla prescrizione del tampone faringeo

Classicamente, l’esame viene eseguito quando il medico sospetta una faringite o una faringo-tonsillite da Streptococco beta-emolitico di gruppo A, ma anche nel caso in cui si sospetti la presenza di altre patologie quali la candidosi orale, l’epiglottidite, la gonorrea faringea, la pertosse, la scarlattina e, in generale, un’infezione da stafilococchi.

tampone faringeo

Un’alternativa al tampone faringeo: il test Rapido

Un’alternativa interessante al tampone faringeo, soprattutto per quanto riguarda i bambini, è il test rapido per lo Streptococco beta-emolitico di gruppo A che risulta essere il più frequente aggressore batterico in età pediatrica.

Si tratta di un test che fornisce una risposta affidabile in soli 10 minuti, mentre nel caso di tampone faringeo sono necessari alcuni giorni prima di ottenere una risposta dal laboratorio analisi.

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La Sindrome dell’Intestino Irritabile

mercoledì, 09 Maggio 2018 by Ermanno Lombardo

Articolo dalla Pagina Facebook ed a cura di IAM: Innovation About Medical

La Sindrome dell’ Intestino Irritabile

La sindrome dell’ intestino irritabile o IBS (Irritable Bowel Syndrome), in Italia nota come “colite”, è un disturbo cronico e ricorrente dell’apparato gastrointestinale, che affligge circa il 10-15% della popolazione mondiale.

Le attività del tubo digerente (motilità, sensibilità e secrezione) sono regolate dal cervello che può interagire in modo improprio con l’intestino, provocando i tipici sintomi dell’IBS (dolore/gonfiore addominale, diarrea/stipsi) che possono variare la loro intensità nel tempo. 


Il termine intestino irritabile ha un significato ben preciso.

 

“Irritabile” indica che le terminazione nervose all’interno della parete intestinale, che trasmettono al cervello le sensazioni dell’intestino, sono più sensibili del normale. Ciò significa che anche condizioni abituali che stimolano l’intestino (mangiare un pasto, il ciclo mestruale, lo stress), possono determinare una risposta esagerata con sintomi correlati.

Diagnosi

Per diagnosticare l’IBS ed escludere il sospetto di altre malattie, quali le malattie infiammatorie intestinali (morbo di Crohn, Colite ulcerosa, cancro del colo-retto, celiachia), si può eseguire il “Breath Test al glucosio” detto SIBOtest, un esame specifico, semplice ed efficace.

In Alternativa si può effettuare un Breath test al Lattulosio, di durata più lunga (4 ore), ma con sensibilità maggiore [NdR]

Il termine SIBO indica la sovra crescita batterica che rompe gli equilibri della flora batterica intestinale, normalmente presente nell’organismo.

Per arrivare ad una diagnosi corretta, è importante annotare sintomi e storia clinica (anamnesi) del paziente.

Sintomi

L’IBS non è associata a complicazioni gravi o mortali, ma ad un aumentato carico assistenziale-sanitario con risvolti economici non trascurabili.

I pazienti con IBS, infatti, ricorrono frequentemente a visite mediche, ad indagini diagnostiche e ad eventuali interventi chirurgici inutili.

Inoltre, l’IBS comporta disagi che influenzano la qualità della vita e l’eventuale assenza dal lavoro, come gonfiore addominale, Dolore colico, Meteorismo, Difficoltà di digestione, Diarrea o Stipsi

 

Articolo dalla Pagina Facebook ed a cura di IAM: Innovation About Medical

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Conosci l’ Helicobacter Pylori ?

lunedì, 23 Aprile 2018 by Ermanno Lombardo

Cos’è l ‘ Helicobacter Pylori

L’ Helicobacter Pylori è un batterio presente in oltre il 25% della popolazione italiana.

La sua presenza può rimanere sconosciuta anche per decenni, tuttavia è la principale causa di Ulcera Gastrica e Duodenale, Gastrite Atrofica, Gastropatie, Infiammazione e patologie gastrointestinali.

In molti casi è stato ritenuto anche responsabile di Linfomi Gastrici e Tumori dello Stomaco, proprio per via della continua infiammazione subclinica che provoca e mantiene nel tempo.

Il contagio è stato dimostrato, recentemente, che possa avvenire anche attraverso la saliva, per cui è importante la diagnosi a livello di nucleo familiare.

Il Batterio è comunque anche presente nelle carie, nella saliva, nelle feci.

 

Diagnosi

Il test più veloce, rapido e specifico ( oltre il 95%) è l’Urea Breath Test, una metodica non invasiva, molto semplice.

Il Paziente deve essere digiuno. Verrà somministrata una banalissima quantità di Urea e dopo appena 15 minuti verrà prelevata una quantità di area nell’espirato.

Verrà messa a confronto con dell’altra aria respirata in precedenza, prima della somministrazione dell’Urea, che rappresenta il “nutrimento” del batterio.

Attraverso una analisi spettrofotometrica, verrà misurata la quantità di ammoniaca prodotta (HP infatti, attraverso il suo enzima Ureasi scinde l’Urea in Bicarbonato e ammoniaca), che sarà indicativa della presenza o assenza del Batterio.

La diagnodi di certezza (specificità del 100%) si ottiene attraverso un prelievo bioptico ottenuto durante l’effettuazione di una Gastroscopia. Esistono però forme Coccoidi che rischiano di essere invisibili ad entrambe gli esami, se non si sa che bisogna cercarle.

Proprio per evitare tale esame, invasivo ed un pò fastidioso ai più, si cerca di utilizzare il test del respiro il più possibile.

Un altro test, ma molto meno specifico, è il test per la ricerca degli antigeni sulle feci, o sul sangue, attraverso al ricerca degli anticopri. Questi due esami hanno ormai perso di importanza e di funzione, per via dei numerosi falsi positivi o della presenza degli anticorpi in circolo anche alla eradicazione dell’infezione.

E comunque sono test più invasivi di un test del respiro.

 

 

Terapia

La Terapia è prevalentemente antibiotica. Si può utilizzare la triplice o la quadruplice terapia, a seconda che, oltre un inibitore di pompa protonica (Gastroprotettore) vengano somministrati due o tre antibiotici.

La resistenza del Batterio agli antibiotici può anche essere notevole, e dopo il primo ciclo di terapia è opportuno testare di nuovo il paziente, affinché si sia sicuri dell’eradicazione. In caso contrario andrà fatta una seconda terapia antibiotica con differenti farmaci.

Dopo una terapia eradicante somministrata dal Gastroenterologo, deve essere ripetuto il test, che a questo punto raggiunge una specificità del 100%, per vedere la buona riuscita della terapia stessa.

Attenzione: spesso occorre testare tutta la famiglia del paziente quando si ottiene una positività. Proprio per la via di contagio, in parte ancora sconosciuta, ma certa dal punto di vista della Saliva, una volta acquisito il batterio, è molto facile e probabile trasmetterlo in famiglia, nello stesso ambiente domestico, attraverso per l’appunto la saliva (stoviglie, posate, giochi, oggetti).

Sarebbe, infatti, un peccato che, dopo aver fatto una consistente terapia antibiotica, ci si reinfetti immediatamente attraverso un familiare

 

Per il tuo test: 0661560852

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Intolleranza al lattosio: entriamo nel dettaglio

lunedì, 23 Aprile 2018 by Ermanno Lombardo

Articolo dalla pagina Facebook dell’associazione Italiana Intolleranti al Lattosio

Intolleranza al Lattosio, cosa, come quando.

In Italia si ritiene che circa il 50% della popolazione sia intollerante al lattosio, ma solo 1 su 4 sa di esserlo.

Dato che lascia perplessi, soprattutto se si pensa a una condizione così diffusa anche a livello mondiale. In Cina, in Giappone e in Sud Africa l’intolleranza al lattosio si aggira tra l’80 e il 100% della popolazione.

In Europa la situazione è abbastanza variegata: nell’Europa meridionale i soggetti che presentano tale difetto sono circa il 70%, nell’Europa centrale la percentuale si aggira attorno al 30% mentre l’incidenza percentuale è decisamente minore nell’Europa settentrionale, si attesta infatti attorno al 5%.

L’intolleranza al lattosio (definita anche ipolattasia) si verifica in caso di mancanza parziale o totale della lattasi, ovvero l’enzima in grado di scindere il lattosio (zucchero composto) nei suoi due zuccheri semplici, glucosio e galattosio.

Il lattosio è il principale zucchero del latte (tra cui latte di mucca, di capra, di asina oltre che latte materno), rappresenta infatti il 98% degli zuccheri presente nel latte, oltre ad essere presente anche in altri prodotti lattiero-caseari derivati. Il lattosio, dopo essere stato assunto con la dieta, viene digerito a livello del duodeno dalla lattasi presente sulla superficie delle cellule della mucosa intestinale. In caso di deficit di questo enzima, il lattosio non viene digerito e rimane nel lume intestinale dove viene fermentato dalla flora batterica con conseguente richiamo di acqua e produzione di gas.

Quali sono i sintomi più comuni?

Il quadro clinico che ne deriva è caratterizzato da dolori addominali di tipo crampiforme, meteorismo, pesantezza di stomaco, senso di gonfiore gastrico, diarrea o stitichezza che insorgono da 1-2 ore a qualche giorno dopo l’ingestione di alimenti che contengono lattosio. Oltre a questi, si manifestano anche sintomi più generici come mal di testa, stanchezza, nausea, eruzioni cutanee e, in rari casi, perdita di peso.

La sintomatologia è differente da persona a persona, con manifestazioni di diversa entità ed importanza. La gravità dipende sia dalla quantità di lattosio ingerita sia dalla soglia di tolleranza individuale. Tuttavia tali sintomi non sono specifici e spesso si sovrappongono ai sintomi di altre intolleranze o patologie del tratto intestinale, questo purtroppo ritarda la diagnosi.

La regola fondamentale è affidarsi ad un buon specialista ed eseguire i corretti test di diagnosi, Breath Test e successivamente al Test genetico. Solo con un’accurata diagnosi è possibile risolvere i sintomi tipici e tornare al proprio benessere psico-fisico.

Tre diverse forme di intolleranza al lattosio

L’intolleranza al lattosio esiste in tre differenti forme: congenita, genetica e acquisita.

La forma genetica, o forma primaria, è generata dal deficit di produzione della lattasi e si può manifestare nel bambino, durante lo svezzamento oppure tardivamente nell’adulto a causa di una riduzione eccessiva della produzione di lattasi.

La forma acquisita, o secondaria, è dovuta ad altre patologie acute (come infiammazioni e infezioni dell’intestino) o croniche (ad esempio celiachia, morbo di Crohn, sindrome dell’intestino irritabile) ed è transitoria risolvendosi infatti alla guarigione della malattia responsabile. Altre cause possono essere terapie antibiotiche, chemioterapiche o con radiazioni ionizzanti che, in conseguenza della loro tossicità o di un’azione di inibizione diretta dell’attività lattasica, determinano ipolattasia.

La terza forma di intolleranza, molto rara e di origine genetica a insorgenza precoce, si manifesta sin dalla nascita, (per questo è detta forma congenita), il neonato sviluppa diarrea non appena nutrito con latte materno o formulato, quindi una totale assenza di lattasi che persiste per tutta la vita.

Come diagnosticare l’intolleranza al lattosio?

La diagnosi si basa su due principali metodiche: Breath Test e Test genetico.
Fare la diagnosi è importante per escludere dalla dieta in modo totale o parziale, a seconda della gravità, le fonti di lattosio.

Il test GOLD STANDARD e più diffuso è il Breath Test, che valuta la presenza di idrogeno nell’espirato prima e dopo la somministrazione di 25g di lattosio, prelevando 8 campioni di aria ottenuti facendo soffiare il paziente in una sacca a intervalli regolari (ogni 30 minuti), per un tempo di 4 ore.

Il respiro raccolto viene esaminato con lo scopo di individuare la presenza di idrogeno proveniente dalla fermentazione del lattoso non digerito. Per eseguire questo test, il paziente deve seguire una dieta apposita nel giorno precedente l’esame ed altre linee guida.

Un test positivo accerta la presenza di malassorbimento del lattosio, ma non discrimina se si tratta di una forma primaria dovuta a un deficit genetico di lattasi, o secondaria dovuta ad un’alterazione dell’integrità della parete intestinale conseguente a stati patologici.

Per capire se si se si tratta di una forma primaria o secondaria di intolleranza al lattosio occorre successivamente eseguire il Test Genetico, ovvero un tampone boccale per il prelievo della saliva, dal quale è possibile analizzare il proprio DNA. E’ scientificamente dimostrato che la mancanza di lattasi è dovuta ad una variazione del DNA un polimorfismo C/T nella posizione -13910, nel gene MCM6 a monte del gene della lattasi (LCT). Il Test Genetico permette quindi di discriminare chi ha entrambe le copie sane del gene (T/T), chi ne ha solo una sana (T/C) e chi le ha entrambe mutate (C/C) e quindi associata a lattasi non persistenza (LNP).

 

Se vuoi fare i tuoi test, chiamaci allo 0661560852!

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Approfondimento: nei dettagli della Carbossiterapia

giovedì, 19 Aprile 2018 by Ermanno Lombardo

Storia, funzione ed utilizzo della Carbossiterapia

La carbossiterapia è una terapia medica che consiste nella somministrazione di gas [CO₂] a livello sottocutaneo o intradermico per scopi terapeutici attraverso micro-iniezioni localizzate per mezzo di sottilissimi aghi da 30G comunemente usati in mesoterapia.

La carbossiterapia ha origini antiche, già nel 1932 in Francia a Royat veniva utilizzata per via percutanea su pazienti affetti da arteriopatie ed angiopatie, grazie alle acque ricche di anidride carbonica.

Diversi studi scientifici hanno dimostrato che la carbossiterapia migliora l’elasticità cutanea, riattiva la micro-circolazione locale, stimola le fibre collagene, e rompe la membrana dell’adipocita con conseguente effetto lipolitico e lipoclasico, senza danneggiare il tessuto connettivo, i vasi e le strutture nervose circostanti.

L’anidride carbonica viene prodotta naturalmente dal nostro corpo, pertanto non risulta tossica anche in dosi elevate e viene smaltita a livello fisiologico. Dopo un singolo trattamento normalmente il gas viene riassorbito in 5/10 minuti. La carbossiterapia risulta una metodica sicura che presenta solo qualche effetto indesiderato (sensazione di fastidio da crepitio sottocutaneo e possibilità di ecchimosi).

L’intervento vero e proprio di carbossiterapia consiste invece nell’iniezione di anidride carbonica medicale nei punti più problematici di cosce, polpacci, caviglie, addome, fianchi e mani, attraverso un sottilissimo ago collegato da un tubicino al computer che controllerà le dosi ed i tempi di trattamento.

Il tutto senza alcun bisogno d’anestesia, visto che l’unico fastidio è solo quello di un leggero bruciore che si avverte mentre il gas si espande sotto la pelle.

I meccanismi d’azione della carbossiterapia

  • Vasodilatazione: il primo effetto diretto meccanico derivante dall’iniezione di anidride carbonica è una potente vasodilatazione, aumento della perfusione delle aree trattate e della sfigmicità arteriolare. Anche la pressione parziale di O2 tessutale risulta nettamente aumentata dopo la somministrazione sottocutanea di CO₂.
  • Effetto Bohr: riguarda la tendenza dell’emoglobina ad avere meno affinità con l’ossigeno quando la concentrazione di CO₂ nel sangue aumenta. Ciò induce l’emoglobina a rilasciare maggiore ossigeno nel tessuto superficiale e muscolare. La somministrazione di CO₂ nei tessuti ne favorisce l’idratazione con formazione negli eritrociti di acido carbonico H₂CO₃, che ne dissocia in ione H+ e bicarbonato HCO₃.
  • Stimolazione della sintesi del collagene: uno studio effettuato in Brasile nel 2008 ha dimostrato una riorganizzazione delle fibre collagene in seguito alle iniezioni intradermiche di CO₂.

    È come se venisse inviato un messaggio di danno al derma che innesca un naturale processo riparatorio. La CO₂ migliora in primis tale processo attraverso una maggiore rivascolarizzazione, in secondo luogo – rilasciando più ossigeno nell’area trattata – migliora la fase del meccanismo di “riparazione”.

  • Neo-angiogenesi: attraverso una valutazione microangiologica – tramite videocapillaroscopia a sonda ottica – si è potuta costatare la creazione effettiva di nuovi capillari. Nel 1930 i primi esperimenti che dimostravano la potente vasodilatazione sono stati effettuati su una zampa di una rana.
  • Attivazione recettoriale e lipolisi: la CO₂ attiva come effetto secondario la lipolisi e la lipoclasi della membrana dell’adipocita (potenziamento dell’effetto Bohr e attivazione recettoriale della lipolisi). Questo effetto sarebbe legato all’iperdistensione degli esterocettori sottocutanei, cioè dei corpuscoli di Pacini e di Golgi.
    La loro attivazione porterebbe alla liberazione di sostanze algogene quali la bradichinina, l’istamina, la serotonina e le catecolamine.

 

Sicurezza

• La CO₂ è atossica e non produce embolia
• Non aumenta la pressione sanguigna
• Non aumenta i livelli di CO₂ nel sangue
• Non produce radicali liberi
• Non può scatenare alcun effetto allergico
• Non danneggia il tessuto connettivo profondo
• È eliminata naturalmente attraverso i polmoni, i reni e la pelle

 

Campi di applicazione

• Adiposità localizzata
• Body Contouring e Anti-aging
• Lipomatosi diffusa
• PEFS
• Dermatologia
• Psoriasi
• Striae distensae
• Lassità cutanea
• Flebologia e patologie vascolari
• Insufficienza Venosa
• Sindrome “Restless leg”
• Linfedema
• Acrocianosi
• Fenomeno di Raynaud
• Ulcere cutanee
• Alopecia areata
• Impotenza sessuale maschile e disfunzioni sessuali femminili
• Terapia del dolore e medicina sportiva

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Gastroscopia: la parola al Medico Endoscopista

venerdì, 13 Aprile 2018 by Ermanno Lombardo

Oggi intervistiamo il Dottor. Cassieri, Gastroenterologo all’Ospedale Cristo Re di Roma, e Responsabile del Servizio di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva ( Gastroscopia e Colonscopia ) allo Studio Radiologico Casalotti.

Quand’è che un paziente deve fare la temuta Gastroscopia?

Le indicazioni all’esame si sono allargate recentemente, ma sostanzialmente possiamo dire che un esame di Gastroscopia, in prevenzione primaria delle malattie dell’apparato Digerente, delle patologie dell’esofago e dei tumori dell’intestino si può fare rispondendo (il paziente o il suo medico) ad alcune semplici domande: 

– Hai notato delle tracce di sangue nella saliva o nel catarro?

-Sospetti di avere un Ulcera?

-Soffri sempre di Gastrite? o di Reflusso Gastroesofageo?

-Ti senti il famoso nodino alla gola o allo Stomaco?

-La tua digestione è sempre lenta?

-Hai problemi al Fegato, sospetti una celiaca o un infezione da Helicobacter?

-Qualcuno in famiglia ha avuto tumori del tratto digerente?

-Hai più di 50 anni, hai dispepsia o varici esofagee o sangue nell’espettorato?

Se hai risposto si ad almeno una di queste domande, non aspettare oltre, prenota la tua Gastroscopia e risolvi il problema prima che possa divenire qualcosa di serio.

 

Dottore, cos’è l’EGDS?

L’esofagogastroduodenoscopia è un esame che consente di esplorare l’interno del tratto digestivo superiore (esofago, stomaco e duodeno) mediante un tubo sottile flessibile dotato di una piccola telecamera che trasmette le immagini su di un monitor.

Siamo così in grado di osservare la parete mucosa del tratto indagato ed effettuare dei campionamenti, delle biopsie, della parete, per verificare attraverso l’esame istologico le zone che sembrano più problematiche. Con l’esame istologico possiamo scoprire se si ha un Helicobacter, un ulcera o una infiammazione della parete dello Stomaco, la cosiddetta Gastrite.

A cosa serve?

Numerose sono le indicazioni all’effettuazione di una gastroscopia, principalmente sono 3 i casi di necessità:

– Paziente con sintomi di allarme: Disfagia, sanguinamento, varici esofagee;

– Paziente con reflusso refrattario a terapie con inibitori di porma protonica;

– Età superiore ai 50 anni.

L’esame, visualizzando l’intero tratto digerente superiore, permette di osservarne la mucosa, di valtare i risultati di un eventuale reflusso patologico (Esofago di Barrett), lesioni della parete gastrica, come polipi o tumori, esaminare il tratto duodenale valutando eventuali ulcere da Helicobacter Pylori; offre, inoltre, la possibilità di intervenire operativamente rimuovendo le lesioni riscontrate, i polipi o la mucosa gastrica, per la valutazione istologica o dell’infezione da Helicobacter.

Per la valutazione dell’infezione da Helicobacter Pylori esistono anche altri test rapidi, i Breath Test, meno invasivi e con una buona sensibilità

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Che cosa deve fare il paziente prima dell’esame?

Preparandosi per un’endoscopia del tratto digestivo superiore è molto importante non fumare dal giorno prima e non assumere alimenti o liquidi per 7 ore precedenti l’esame.

La presenza di cibo nello stomaco infatti limiterebbe la visione, rendendo l’esame scarsamente attendibile e potrebbe inoltre determinare il vomito.

In caso di assunzione di farmaci anticoagulanti/antiaggreganti che controindicano l’esecuzione di manovre operative, i paziente può consultare il suo Medico curante per l’eventuale sospensione o sostituzione.

Tutti i pazienti ci chiedono: come si svolge tecnicamente l’esame?

Durante l’esame, verranno prese tutte le precauzioni per farli stare il più comodo possibile.

Verranno controllate la pressione sanguigna, il battito cardiaco e il livello di ossigeno nel sangue.

Possiamo  inoltre somministrarvi un sedativo che farà rilassare il paziente, e le darà una sensazione di assopimento, pur rimanendo sufficientemente vigile per collaborare. A seguito delle sedazione inoltre potrebbe non ricordare gran parte di questa esperienza.

Per aiutarvi a mantenere la bocca aperta durante l’endoscopia, verrà usato uno speciale boccaglio. Attraverso quest’ultimo, viene introdotto  l’endoscopio lubrificato con una sostanza anestetica, che verrà poi fatto progredire dolcemente attraverso l’esofago e lo stomaco, fino a raggiungere il duodeno.

Durante l’esecuzione dell’esame endoscopico, il medico potrà introdurre dell’aria attraverso lo strumento per distendere il viscere e vedere meglio le pareti dell’organo in esame.

L’esame, comunque, non comporta dolore e l’endoscopio non interferirà con la respirazione. Potrebbe essere necessario effettuare una biopsia, come abbiamo già detto, e cioè un prelievo di un campione di tessuto da esaminare successivamente al microscopio. Anche questa procedura è comunque indolore.

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Si può eseguire l’esame in sedazione?

L’esame viene sempre effettuato mediante una sedazione detta leggera (valium, Diazepam). Qualora il paziente lo richieda, è possibile effettuare anche una sedazione profonda. Ciò necessita di una serie di analisi del sangue ed un ECG preventivo, per aiutare l’anestesista a conoscere meglio i problemi del paziente e garantire così l’incolumità dello stesso.

Per chi non riuscisse a fare l’esame, ci sono altre alternative?

L’endoscopia del tratto digestivo superiore, consentendo una visione diretta  dell’organo in esame risulta ovviamente molto più precisa di un esame radiologico alternativo (Rx Tubo digerente) e non richiede l’esposizione ai raggi X.

L’esame è indispensabile in molte condizioni e, se il paziente non riuscisse proprio, bisognerà addormentarlo.

Qual’è oggi il ruolo dell’Endoscopia in Medicina?

L’esofagogastroduodenoscopia è un esame insostituibile per l’accertamento di alcune malattie del tratto digestivo superiore (esofagite, gastrite, ulcera, neoplasie benigne e maligne, ecc) ed ha un’accuratezza diagnostica pari al 96%. Consente inoltre di eseguire interventi terapeutici, sostituendosi alla chirurgia tradizionale (emostasi di lesioni sanguinanti,rimozione di polipi, asportazione di corpi estranei, dilatazione di tratti stenotici, ecc).

Non eseguirla può comportare la prescrizione di terapie inappropriate ma soprattutto disconoscere eventuali patologie evolutive e tumorali, pertanto invitiamo a consultarsi con il medico che ha prescritto tale indagine prima di prendere una decisione definitiva.

Quali sono i rischi e le complicanze dell’esame?

Anni di esperienza dimostrano che l’endoscopia del tratto digestivo superiore è un’indagine sicura.

Le complicazioni sono un’eventualità estremamente rara. E possono dipendere più dalle condizioni generali del paziente, che dall’esame stesso, di per se sicuro ed indolore. Solo un pò fastidioso

Dopo l’esame, cosa succede? Com’è il recupero del paziente?

Al termine dell’endoscopia, se sono stati somministrati farmaci sedativi, sarà trattenuto in una sala dedicata fino a quando gli effetti dei medicinali non saranno esauriti.

In alcuni casi possono protrarsi alcuni problemi minori, come un leggero bruciore di gola e una sensazione di gonfiore, problemi che di norma dovrebbero sparire in circa 24 ore. Prima di poter bere o alimentarsi dovrà attendere circa 30 minuti.

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Cos’é e come funziona il botulino: miti e leggende da sfatare

venerdì, 13 Aprile 2018 by Ermanno Lombardo

Cos’é e come funziona il Botulino : miti e leggende da sfatare

IL BOTULINO CAUSA RIGIDITÀ DEL VOLTO: FALSO 

Un comune pregiudizio contro il trattamento delle rughe con il botulino è che il farmaco induca un’espressione facciale rigida e ferma. In realtà è esattamente il contrario. L’uso corretto del farmaco conferisce al volto un aspetto naturale, rilassato e non rigido.

Il risultato estetico ottimale dipende sempre dalla tecnica e dal dosaggio. Ecco perché il medico esperto offre una maggiore garanzia di successo. 

L’elasticità e la tonicità della pelle non vengono in alcun modo alterate dai trattamenti con il botulino, mantenendo la loro funzionalità fisiologica.

IL BOTULINO È VELENO: FALSO 

Esistono tre formulazioni a base di botulino per uso estetico autorizzate dall’Agenzia Italiana del Farmaco nel 2004 (Vistabex®), nel 2010 (Azzalure®) e nel 2011 (Bocouture®). 

Ogni altra formulazione non è legale nel nostro paese. Spesso ed erroneamente il botulino è stato considerato un veleno, un giudizio probabilmente basato sul fatto che il farmaco possa essere dannoso come tutti gli altri farmaci in una dose non terapeutica. 

Il botulino è un farmaco sicuro ed efficace e se usato con corretti dosaggi e da medici esperti, ha ben pochi effetti collaterali. Per avvelenare una persona con questo farmaco, si dovrebbero utilizzarne più di 60 fiale. Dobbiamo sempre ricordare che vale anche qui la regola di Paracelso datata 1538: “Tutti i farmaci sono veleno, solo la dose fa in modo che non lo siano”. 

La sicurezza e l’efficacia sono garantite e provate dalla ricerca medica e dall’esperienza clinica che sono iniziate fin dal 1989. Da allora il botulino è diventato un trattamento di prima scelta dei disordini neurologici motori, come la distonia cervicale.

IL BOTULINO CAUSA UNA PARALISI PERMANENTE: FALSO.

Molti pensano che il trattamento provochi una paralisi permanente del muscolo. Nella terapia con il botulino non si parla di “paralisi”, ma di rilassamento del muscolo e solo temporaneamente. La fibra nervosa riprende la sua totale funzione senza essere minimamente danneggiata tra 4 e 6 mesi dopo il trattamento. L’effetto di distensione sulla pelle, e dunque delle rughe, dura mediamente questo arco di tempo, oltre il quale è necessario ripetere le iniezioni, sempre che si vogliano mantenere i risultati.

IL BOTULINO CAUSA L’ATROFIA DEL MUSCOLO: FALSO.

I muscoli trattati con il farmaco si riprendono sempre e, se si vuole mantenere il risultato, il trattamento deve essere ripetuto nel tempo. Questa certezza deriva sia dall’esperienza dell’utilizzo del botulino per le distonie muscolari, sia dall’esperienza estetica. 

Si può invece osservare in campo estetico un allungamento dell’effetto del singolo trattamento dopo un certo numero di sedute. Quando però queste vengono interrotte, i muscoli mimici tornano a funzionare come prima.

IL TRATTAMENTO CON BOTULINO PROVOCA ASSUEFAZIONE: FALSO.

Il trattamento non dà assuefazione, il risultato dura da 4 a 6 mesi. È comprovato invece che la ripetitività, se pur a distanza, ne migliora l’efficacia e previene la formazione o l’aggravamento delle rughe di espressione. 

Cosa succede se si smetto di farlo? Naturalmente non succede niente, al massimo si torna come prima o un po’ meglio grazie agli effetti sul lungo periodo della sostanza iniettata.

Principali indicazioni in medicina estetica

Il botulino permette di trattare le rughe d’espressione, che a seconda della loro profondità, scompariranno o miglioreranno sensibilmente.

Le rughe d’espressione sono provocate dai muscoli della mimica facciale; con il passare del tempo, le fibre elastiche della pelle, perdono la capacità di seguirne le contrazioni. Tipici esempi sono le rughe che si formano tra le sopracciglia (glabellari), le rughe frontali e le “zampe di gallina”.

L’infiltrazione del botulino inibisce temporaneamente le contrazioni dei muscoli mimici e di conseguenza favorisce la distensione della pelle.

L’effetto del trattamento inizierà dopo 2-3 giorni e si completerà in 10-15 giorni; dopo alcuni mesi i movimenti muscolari recuperano la piena funzionalità, ma la ricomparsa delle rughe è più lenta e progressiva; Se i trattamenti di richiamo vengono eseguiti regolarmente i pazienti noteranno un miglioramento permanente delle rughe d’espressione.

È corretto eseguire il nuovo trattamento solo dopo che il movimento muscolare è ricomparso completamente.

  • Rughe glabellari
  • Rughe frontali
  • Rughe perioculari
  • Sollevamento della coda del sopracciglio
  • Rughe del naso (Bunny-lines) 
  • Sollevamento della punta del naso che scende ridendo 
  • Rughe del labbro (codice a barre) e rughe della “marionetta” 
  • Sorriso gengivale

Effetti indesiderati

Una piccola percentuale di persone può non rispondere al trattamento perché è portatrice di anticorpi anti-botulino che neutralizzano l’azione del farmaco e quindi l’effetto desiderato non si manifesta. 

I trattamenti con il botulino producono in alcune aree una riduzione dell’espressività mimica. Questo aspetto deve essere preso in considerazione dalle persone che sfruttano molto la mimica facciale come gli attori.

Possono presentarsi effetti indesiderati legati alla micro iniezione (puntura con l’ago) e all’effetto del farmaco. In genere le complicazioni legate all’impiego del botulino nel campo estetico sono locali, molto rare ed in ogni caso sempre reversibili in qualche settimana.  

La puntura dell’ago seppur sottilissimo può determinare:

  • Dolore e prurito: sono una componente soggettiva che si può percepire al momento dell’iniezione;
  • Ecchimosi: piccolissimi ematomi possono raramente formarsi nel caso in cui la punta dell’ago punga accidentalmente un piccolo vaso sanguigno;
  • Arrossamento: è molto soggettivo ed è dovuto all’azione di strofinio per la disinfezione pre e posttrattamento: in qualche minuto scompare;
  • Gonfiore-pomfo: in parte è dovuto all’azione dell’ago, ma soprattutto al volume di liquido iniettato. L’effetto scompare in mezz’ora, due ore al massimo.

Le complicazioni vere e proprie legate all’azione del Botulino sono dovute generalmente a:

  • una reazione allergica legata alla presenza di albumina nel preparato (il botulino per poter “agire” viene addizionato ad una molecola di albumina);
  • un’azione del farmaco su di un muscolo confinante a quello trattato dovuto a iniezione in un punto improprio da parte del medico o più facilmente perché la zona trattata è stata sottoposta da parte del paziente a toccamenti, strofinii, pressioni che possono avvenire per sbadataggine, o durante il démaquillage.
    Questo effetto indesiderato è sempre completamente reversibile.
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Carbossiterapia: la parola al Medico Estetico

venerdì, 13 Aprile 2018 by Ermanno Lombardo

Cos’è la Carbossiterapia? La parola all’Esperto

Oggi ne parliamo con la Dottoressa Maria Chiara Fioriti, Specializzata in Medicina Estetica, Chirurgo generale all’ Ospedale FatebeneFratelli all’Isola Tiberina di Roma e responsabile del Servizio di Medicina Estetica presso lo Studio Radiologico Casalotti.

Buongiorno Dottoressa, Oggi va molto di moda parlare di Carbossiterapia. Ma cos’è effettivamente?

La carbossiterapia è una terapia medica che consiste nella somministrazione di gas [CO₂] a livello sottocutaneo o intradermico per scopi terapeutici attraverso micro-iniezioni localizzate per mezzo di sottilissimi aghi da 30 G, comunemente usati in Mesoterapia.

Diversi studi scientifici hanno dimostrato che la carbossiterapia migliora l’elasticità cutanea, riattiva la micro-circolazione locale, stimola le fibre collagene, e rompe la membrana dell’adipocita con conseguente effetto lipolitico e lipoclasico, senza danneggiare il tessuto connettivo, i vasi e le strutture nervose circostanti.

Quali sono, quindi, i campi di applicazione?

La Carbossiterapia può essere utilizzati nei seguenti campi di attività, ma molti altri ve ne sono in esplorazione grazie soprattutto al ruolo di riattivazione del micro circolo:

•    Adiposità localizzata
•    Body Contouring e Anti-aging (Trattamento del contorno occhi e di viso, collo e decolleté , anche anti-rughe)
•    Lipomatosi diffusa
•    PEFS (cosiddetta Cellulite)
•    Dermatologia
•    Psoriasi
•    Striae distensae (smagliature)
•    Lassità cutanea
•    Flebologia e patologie vascolari
•    Sindrome “Restless leg”
•    Linfedema
•    Acrocianosi
•    Fenomeno di Raynaud
•    Ulcere cutanee
•    Alopecia areata

Il Trattamento è pericoloso? Presenta  controindicazioni?

L’anidride carbonica viene prodotta naturalmente dal nostro corpo, pertanto non risulta tossica, anche in dosi elevate e viene smaltita a livello fisiologico. Dopo un singolo trattamento normalmente il gas viene riassorbito in 5/10 minuti. 

E’ atossica e non provoca embolia, dunque non esistono particolari effetti collaterali: è, però, importante che sia anidride carbonica medicale veicolata da macchinari riconosciuti dal Ministero della Salute e che vengano utilizzati aghi monouso e sterili.

Ad ogni modo, questo trattamento è sconsigliato durante la gravidanza ed in soggetti con cardiopatie, diabete, anemie gravi o con insufficienze respiratorie, cardiache, renali ed epatiche.

E’ un trattamento doloroso? Il paziente deve avere particolari attenzioni?

L’intervento di carbossiterapia consiste  nell’iniezione di anidride carbonica medicale nei punti più problematici di cosce, polpacci, caviglie, addome, fianchi e mani, o viso, attraverso un sottilissimo ago collegato da un tubicino al computer che controllerà le dosi ed i tempi di trattamento.

Il tutto senza alcun bisogno d’anestesia, visto che l’unico fastidio è solo quello di un leggero bruciore che si avverte mentre il gas si espande sotto la pelle.

E’una metodica sicura che presenta solo qualche effetto indesiderato (sensazione di fastidio da crepitio sottocutaneo e possibilità di ecchimosi).

Cosa devono fare i pazienti e le pazienti per poter essere trattate?

Hai fatto bene a distinguere “i e le” pazienti. Sono moltissimi infatti gli uomini che oggi ricorrono a questo tipo di trattamenti, soprattutto per l’effetto anti-aging, di ringiovanimento cutaneo e anti-rughe del trattamento.

Per poter essere trattati devono semplicemente chiamarci al numero dello studio [0661560852 N.d.R.] e prenotare il loro trattamento.

 

Allora non resta che augurarvi a tutti un buon trattamento di Carbossiterapia!!

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Trattamento dell’Iperidrosi (eccessiva sudorazione) con il Botulino

venerdì, 13 Aprile 2018 by Ermanno Lombardo

Trattamento dell’iperidrosi ( eccessiva sudorazione) con il botulino 

 Quando una persona suda eccessivamente siamo di fronte a un’ iperidrosi , malattia che si manifesta quando le ghiandole sudoripare che producono il sudore, ne rilasciano in eccesso soprattutto in una determinata zona del nostro corpo (ascelle, mani, piedi).

Le parti più colpite sono le ascelle, il palmo delle mani, la pianta dei piedi, ma l’iperidrosi interessa anche il cuoio capelluto, la fronte, il labbro superiore, le guance, il torace e la schiena.

L’ Iperidrosi non è una vera e propria malattia, quanto più un fastidio che può avere però, nei casi più gravi, una fortissima ripercussione sulla vita sociale delle persone. Si pensi che alcuni hanno difficoltà a stringere le mani per salutare nei momenti di maggiore sudorazione. Altri, per lavoro, hanno bisogno sempre di vestiti puntuali e di non apparire con chiazze di sudore sotto le ascelle, soprattutto per le camicie.

Il botulino rientra nella gamma dei trattamenti più efficaci per risolvere l’ Iperirdosi.

In una sola seduta ambulatoriale, della durata di mezz’ora, vengono fatte al paziente tante microiniezioni del farmaco a livello superficiale della cute, nella zona interessata dal problema.

Il botulino inibisce temporaneamente le ghiandole sudoripare che producono il sudore.

A seconda del paziente, si può avere una riduzione o un blocco della sudorazione solo nella zona trattata.

L’effetto dura circa otto mesi, dopodiché si può ripetere.

I risultati saranno completamente evidenti a distanza di due settimane dal trattamento che in linea generale non è doloroso, eccetto per la pianta del piede e il palmo delle mani, in questi casi viene fatta una leggera anestesia locale.

Nel caso di un soggetto con un’ipersudorazione severa e accentuata le iniezioni di botulino possono essere fatte anche due volte all’anno.

Quando iniettato alivello ascellare, non provoca alcun danno ai linfonodi ascellari poiché l’iniezione è intradermica.

Il Periodo migliore in cui effettuare questo trattamento è quindi l’inizio della primavera, avendo di fronte tutta l’estate per goderne degli effetti positivi.

Per il tuo trattamento chiamaci allo 0661560852

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